Scuole aperte fino al 30 giugno?
C’è chi dice sì, almeno per le primarie.
Da un’idea di Alberta Alessi, logopedista emiliana, alcune mamme hanno lanciato una petizione e una richiesta ufficiale al Ministero per prolungare il periodo scolastico della primaria fino al 30 giugno. Così, dicono, le famiglie sarebbero agevolate nell’avere i figli controllati e, in più, questi potrebbero approfittare di ulteriori giorni di didattica “alternativa”, con attività all’aperto escluse dal giudizio e dalle verifiche.
Il riferimento, poi, è alla solita diatriba sulle vacanze lunghe degli insegnanti (e degli alunni) e al fatto che all’estero si facciano pause estive molto più corte.
L’idea non mi convince.
In questo dibattito il tema centrale non è la scuola, ma a chi affidare i figli durante i mesi estivi. Dobbiamo risolvere quel problema, magari aiutando i campi estivi comunali o delle parrocchie, ma la scuola la lascerei fuori. Mi sembra un pretesto per tirare dentro la solita argomentazione contro gli insegnanti e le loro ferie, su cui mi sono già espresso in passato: pagateli e supportateli (con materiale e attrezzature) come meritano e vedrete che saranno anche disposti a rinunciare a qualcosa.
A giugno inoltrato, in un Paese come il nostro, è giusto che i bambini stiano a casa, vadano al mare o al parco. Sarei favorevole, piuttosto, ad attività facoltative in quel periodo, gestite sempre dalla scuola ma magari affidate ad ex studenti o giovani insegnanti non di ruolo, che avrebbero la possibilità di lavorare qualche settimana in più. Obbligare i ragazzi e i docenti a ulteriori tre/quattro settimane di corsi mi sembrerebbe controproducente.
Il paragone con gli altri Paesi Europei, poi, funziona in parte. Intanto perché l’Italia non è certo paragonabile alla Germania come clima e abitudini, e poi perché è vero che da altre parti le vacanze sono più corte in estate, ma sono distribuite lungo tutto l’anno.
È un modello percorribile? Sinceramente non ne vedo l’utilità. I genitori avrebbero il problema dei bambini a casa anche a febbraio o a novembre e in più sarebbero pause deleterie che spezzerebbero il calendario didattico, facendo arrivare ancor più col fiato corto a pagelle e pagellini vari.
Insomma, il problema esiste e va affrontato, ma per risolverlo non possiamo creare altre difficoltà e malcontento. Direi che ne abbiamo già abbastanza.
Giuste osservazioni, condivido. Chiediamo alle mamme che facciano anche sbloccare i nostri contratti, forse non sanno che é sparito il 2013 e che quindi avanti non si va neppure con lo scatto di anzianità (la rima ci sta proprio bene). Ricordiamo anche alle mamme che gli insegnanti italiani non hanno lo stesso stipendio dei colleghi europei. Ricordiamo anche alle mamme che , nonostante la scuola pubblica tagli anche sul materiale didattico, noi continuiamo a comperarlo con il nostro ricco stipendio. Ricordiamo anche alle mamme che non siamo baby-sitter che devono occuparsi dei loro figli quando loro non possono. Ricordiamo alle mamme che le loro creature arrivano ai primi di giugno davvero stanche e che hanno pure loro il diritto di “entrare in pausa”… Avrei ancora tante cose da ricordare, ma mi sono dilungata già troppo e sono appena rientrata da scuola…già,e allora ricordiamo alle mamme che la scuola per noi è fatta anche i riunioni , programmazioni, udienze…tutto gratuito in quanto funzione docente. Per fortuna e nonostante tutto, continuo ad amare il mio lavoro che reputo una ricchezza per il mio spirito.
Franca (mamma e insegnante di scuola primaria)
La mia prima e non unica perplessità è: dove sono i padri, in questa storia così italiana? Non ci sono? Ci sono e non vengono menzionati? Così, tanto per capire. Perché figli si fanno e si accudiscono in due.