Il flipped learning (o insegnamento capovolto) consiste in una modalità di insegnamento, supportata da tecnologie, in cui si invertono i tempi e i modi di lavoro sia dei docenti sia degli alunni.
Le origini del Flipped Class Movement possono farsi risalire ai primi anni del 2000, con le esperienze di inverted classroom nell’insegnamento delle scienze economiche.
Nel 2007 Jon Bergmann ed Aaron Sams iniziarono a registrare, distribuire e usare secondo questa metodologia le loro lezioni di chimica alla Woodland pubblicando le loro lezioni on-line per gli studenti che non erano presenti in classe.
A seguito di questa iniziativa altri insegnanti hanno seguito il loro esempio e hanno iniziato a usare video online e podcast per tutti gli studenti. Sempre in questo istituto si è tenuto nel corso del 2011 la prima Flipped Class Conference.
Nel corso del 2009 nel distretto scolastico di Byron vicino a Rochester nel Minnesota, le scuole si trovarono a fronteggiare una gravissima crisi economica che indusse alcuni docenti di matematica a svolgere la loro funzione senza far uso dei libri di testo (che non potevano essere acquistati) e di costruire risorse online.
Fu un’innovazione sorprendente anche se quegli insegnanti non avevano sentito parlare ancora di flipped learning. È sulla base di tale esperienza che sono stati compilati
i 10 vantaggi dell’insegnamento capovolto:
- Gli studenti possono procedere al loro passo.
- Fare i compiti in classe dà all’insegnante l’esatta percezione delle difficoltà degli studenti e dei diversi stili di apprendimento.
- Gli insegnanti possono adattare e aggiornare il curricolo e fornirlo agli studenti 24 ore al giorno sette giorni la settimana.
- Gli studenti possono usufruire delle competenze e degli stili di insegnamento da più insegnanti della stessa disciplina.
- Gli insegnanti migliorano la loro professionalità osservando i video dei colleghi e imparano gli uni dagli altri.
- Il tempo in classe è usato in modo più efficace e creativo rispetto allo schema tradizionale.
- I genitori hanno una “finestra” sui corsi.
- I risultati degli studenti migliorano, e cresce l’interesse e l’impegno verso la matematica di livello superiore.
- Le teorie del’apprendimento sostengono questi nuovi approcci.
- L’uso della tecnologia è flessibile e appropriato per l’apprendimento del XXI secolo.
A fronte dell’insegnante che “fa lezione”, che presenta dei contenuti sui quali gli alunni devono esercitarsi a casa, si ha l’insegnante che sceglie, fissa i contenuti che gli alunni studiano a casa, si scambiano le loro impressioni in rete e poi, in classe, chiedono chiarimenti all’insegnante: “capovolto” risulta, pertanto, il normale schema di lavoro.
L’alunno studia a casa guardando dei video, consultando materiali messi in rete dall’insegnante, adoperandoli più volte fino a quando i concetti non sono sufficientemente chiari.
STUDIARE A CASA, RIFLETTERE A SCUOLA.
Grazie a Internet le risorse vengono messe a disposizione degli studenti che possono studiarli o, a seconda del tipo di materiali, impiegarli anche in maniera attiva e cooperativa.
Gli studenti visualizzano i video creati anche dai loro insegnanti, le risorse multimediali, i libri o ebook (che siano in grado di trattare adeguatamente ed esaustivamente i contenuti), discutono su di essi attraverso forum e in classe approfondiscono i contenuti sotto la guida esperta dell’insegnante.
Anche i genitori possono seguire i video prodotti ed essere partecipi del processo educativo e contribuire a rafforzare l’apprendimento a casa.
A seguito di questo nuovo approccio al processo di insegnamento-apprendimento, la titolarità e la responsabilità dell’apprendimento passano dell’insegnante all’allievo.
La lezione frontale non va demonizzata poiché continua, in alcuni casi, a essere uno strumento prezioso per gli insegnanti; per mezzo della flipped classroom si sposta questo strumento in un differente momento rispetto alla tradizionale lezione in aula.
Avviene un “trasferimento” (in genere per mezzo di tecnologie come il podcasting o lo screencasting), di contenuti al di fuori dell’aula al fine di avere maggior tempo a disposizione in classe per interagire con gli alunni.
L’insegnante troverà (almeno dal punto di vista teorico) un gruppo di studenti già preparato al quale proporre esercitazioni, compiti, attività di approfondimento ecc.
Tutto questo cambia sia il ruolo del docente – che da esperto disciplinare e artefice della trasmissione dei contenuti diviene guida, sostegno alla costruzione della conoscenza negli allievi – sia il ruolo dello studente.
È poco utile dedicare il tempo che si trascorre a scuola a interventi che consistono nella trasmissione dei contenuti delle singole discipline, mentre diviene costruttivo utilizzarlo per attività più significative per l’apprendimento, come i processi di elaborazione personale, il confronto, la discussione e la negoziazione con gli altri.
In tal modo il tempo-docente viene utilizzato per la fase di lavoro probabilmente più critica: l’esemplificazione delle attività, i chiarimenti, il supporto alla comprensione individuale. L’insegnante valuta continuamente il lavoro dei singoli e dei gruppi, premia la creatività più dell’apprendimento mnemonico, evita l’isolamento degli alunni demotivati o meno capaci e valorizza le capacità delle eccellenze: in una parola personalizza l’apprendimento.
Come afferma Graziano Cecchinato, ricercatore dell’Università di Padova che assieme a Giovanni Bonaiuti dell’Università di Cagliari sta approfondendo questo modello, «Con la Flipped Classroom si possono facilmente individualizzare i percorsi di studio con una maggiore flessibilità nei tempi, costituendo gruppi di lavoro che possano meglio stimolare i partecipanti, affrontando anche materiali e argomenti diversi».
Questa nuova proposta metodologico-didattica ha dato origine a un dibattito tra favorevoli e contrari.
I primi ritengono che occorra chiarire bene gli aspetti qualificanti della nuova proposta e affermano che una flipped classroom non va confusa con un video online o un insegnamento a distanza.
I secondi ritengono che vi sia dispersività, complessità nella realizzazione, tempi lunghi, dubbi sui risultati; che sia una delle tante forme che può assumere il blended learning.
La ricerca su questa metodologia sta sviluppandosi anche in Italia, ma è ancora presto per dire se questo modello sia davvero efficace e a quali condizioni.
Ugo Avalle ∼ Pedagogista-formatore