Come ho affrontato i fatti di Parigi con gli studenti

Una cosa, una cosa soltanto però voglio dirla.

E cioè che ancora una volta, per l’ennesima volta nella vita, devo dire grazie, un grazie commosso e appassionato, ai miei studenti.

Io ieri mattina di fare lezione non me la sono sentita, mi pareva assurdo, forse addirittura immorale.

Così, per 4 ore, ininterrottamente, ho voluto parlare dei fatti di Parigi assieme a loro. Senza la pretesa di avere niente da insegnargli – né tanto meno da inculcargli – in materia, ho lasciato che fossero soprattutto loro a parlare, a dire, a esprimere opinioni, dubbi, paure, cercando di capire cosa avessero capito.

fatti di parigi

E questi ragazzi, questi adolescenti troppo spesso liquidati dal “mondo dei grandi” come vuoti e superficiali (per di più in una scuola – la mia – etichettata come “difficile” o addirittura “di frontiera”), pur nella loro acerba ingenuità, nella loro cieca rabbia giovanile, nella loro tremante e furiosa scissione di “ragazzuomini”, nell’ardore che portano con fierezza negli occhi, per 4 ore hanno parlato, detto, contraddetto, discusso, dibattuto, espresso opinioni uguali e contrarie con passione, interesse e voglia di capire, in un modo stupendamente e sorprendentemente ordinato, senza che nemmeno mi sia dovuto sforzare troppo di moderare la discussione per farli parlare uno alla volta.

Soprattutto, hanno chiesto. Decine, forse centinaia di domande. Domande sicuramente spesso ingenue, spesso disinformate (e come può essere altrimenti per chi come loro, ai tempi dell’11 settembre, aveva al massimo quattro anni?), ma sempre e comunque intelligenti, brutalmente vere e brutalmente profonde, viscerali, a volte addirittura illuminanti, semplicemente complicate, difficili, disarmanti.

E non importa che a quasi tutte quelle splendide domande io non abbia saputo rispondere, che più che altro abbia cercato di colmare lacune e spiegare fatti e successione degli eventi con tutta l’onestà intellettuale di cui dispongo.

L’importante è stata la loro voce e il loro coraggio a tirarla fuori, anche quando era assolutamente contraria alla mia.

E il modo in cui, tutti ammassati intorno alla cattedra in quella maniera così scomposta che spezza il cuore, mi abbiano saputo dare la conferma, ancora una volta, di quanto i ragazzi siano spesso migliori di noi adulti.

E di quanto io oggi, a quasi 39 anni, possa dirmi uomo soprattutto grazie a loro, ai loro occhi e ai loro continui insegnamenti.

Grazie ancora, “strazianti e meravigliosi” ragazzi miei.


Autore articolo
Riccardo Lestini

Riccardo Lestini

Insegnante, scrittore

SEGUILO:

Facebook

 

Diventa un autore di MenteDidattica e pubblica i tuoi articoli!

Gli insegnanti che inviano la propria richiesta, una volta accettati, potranno pubblicare articoli su tematiche scolastiche preferite.

Lascia un commento