A Terracina i proprietari di un’azienda agricola hanno licenziato un bracciante che aveva chiesto loro la mascherina per proteggersi dal Covid-19. Non contenti, lo hanno malmenato e buttato in un canale.
Ora i due – padre e figlio – sono rispettivamente ai domiciliari e sotto misura cautelare. Sono accusati di estorsione, rapina e lesioni personali. E’ stato l’ospedale dove si era presentato il bracciante a segnalare l’episodio alle forze dell’ordine.
Il ragazzo, un indiano di 33 anni, aveva varie ferite ed ecchimosi provocate dalla furia dei suoi datori di lavoro. Sembra che il giovane avesse chiesto i dispositivi di sicurezza per evitare di contrarre il coronavirus. Per tutta risposta i proprietari lo hanno licenziato e quando il bracciante ha chiesto la paga per il periodo lavorativo, è stato picchiato e buttato in un canale.
Il segretario confederale della Cgil di Roma e del Lazio, Roberto Iovino, ha dichiarato: “Terracina e il pontino non sono nuovi a questi episodi, lo scorso autunno siamo scesi di nuovo in piazza della Libertà a Latina dopo che un imprenditore agricolo aveva minacciato numerosi lavoratori con un fucile. Serve più legalità e dignità per chi lavora nelle campagne, per questo la legge sul caporalato deve essere applicata in tutte le sue parti. A partire dalla tutela della denuncia dei lavoratori, a maggior ragione adesso con la regolarizzazione di chi lavora in nero. Servono più controlli e soprattutto che i lavoratori che denunceranno la loro condizione di irregolarità siano tutelati e non esposti ai ricatti dei caporali e degli sfruttatori“.
Ora la polizia ha aperto un’inchiesta. A quanto pare i due proprietari dell’azienda costringevano i lavoratori, tutti stranieri, a lavorare tutti i giorni per 12 ore. La paga era di 4 euro l’ora.