Nelle ultime ore, l’allarme per l’aumento dei contagiati italiani da coronavirus ha portato moltissimi sindaci a disporre la chiusura di scuole di ogni ordine e grado e delle università. Nello specifico, sono state sospese le attività didattiche negli Istituti della Lombardia, del Piemonte, dell’Emilia-Romagna, del veneto e del Trentino. La chiusura riguarderà, per il momento, il periodo compreso tra lunedì 24 febbraio e sabato 1 marzo. Per questo motivo, è stato imposto che tutto il personale, quindi sia gli insegnanti sia il personale ATA, non si rechi a lavoro.
Tuttavia, in provincia di Lodi, una dirigente ha invitato i lavoratori a presentare la richiesta di congedo. Si tratta, però, di una richiesta inammissibile e del tutto erronea. Infatti, quando la chiusura dell’attività professionale è dettata da catastrofi naturali o gravi eventi, le assenze del personale sono legittime. In altre parole, gli insegnanti e il personale ATA non devono giustificare i giorni di assenza, non devono subire una decurtazione nello stipendio né devono essere costretti a recuperare le giornate lavorative perse.
L’articolo 1256 del Codice Civile parla chiaro: “L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo dell’adempimento“. Per questo motivo, i giorni di chiusura, poiché sono dovuti a motivazioni forza maggiore, devono essere considerati come se il servizio fosse stato effettivamente prestato. Ne consegue che il personale non è tenuto a presentare richieste di congedo o certificati medici, per giustificare questo periodo di assenza.