A Favara (Agrigento) Vittorio Messina, un uomo di 79 anni, testimone di Geova, si è fratturato il femore in seguito ad una caduta mentre discuteva animatamente con un suo vicino.
Portato in ospedale, gli è stato detto che doveva essere operato e che ci sarebbe dovuta essere una trasfusione di sangue. Il 79enne, come impone la sua dottrina, si è rifiutato ed è voluto tornare a casa.
In seguito è stato ricoverato ancora, ma è deceduto durante i controlli. La sua famiglia smentisce la notizia secondo cui l’anziano sarebbe rimasto 6 giorni con la gamba rotta prima di andare in ospedale.
La Congregazione dei Testimoni di Geova dichiara: “Stando al racconto dei familiari (peraltro non tutti Testimoni di Geova), i medici hanno negato al paziente ogni strategia medica alternativa all’emotrasfusione nonostante esistano consolidate evidenze scientifiche della loro efficacia. Il paziente ha lasciato la struttura sanitaria non perché non volesse essere curato ma, stando al racconto dei familiari, perché esasperato per le continue pressioni dei medici secondo cui, a causa del suo rifiuto delle emotrasfusioni, dovesse andarsene”.
Per Giacomo La Russa, legale della famiglia Messina, il signor Vittorio aveva rifiutato la trasfusione, ma non l’intervento. L’avvocato afferma: “Fin dal giorno della violenza subita Messina aveva efficacemente assunto vitamine e proteine per stabilizzare i valori dell’emoglobina in vista dell’intervento chirurgico”.
Ora toccherà alla Procura della Repubblica di Agrigento fare chiarezza sulle cause del decesso, anche tramite l’autopsia e l’analisi delle cartelle cliniche. Il vicino di casa, intanto, è indagato per omicidio preterintenzionale. Bisognerà verificare se Messina è deceduto per la caduta o per aver rifiutato la trasfusione.