La matematica è da sempre la materia scolastica che più di tutte le altre può suscitare ansia da prestazione, già nella scuola primaria. Alcuni ricercatori dell’Università di Cambridge hanno però scoperto che il cattivo rapporto con i numeri spesso non ha niente a che vedere con la scuola, ma nasce da eventi esterni.
Gli studiosi hanno posto delle domande a 2.700 studenti inglesi e italiani per capire quanto la matematica fosse loro ostile. Analizzando le risposte dei 1000 studenti italiani è venuto fuori che il timore dei numeri appartiene più al genere femminile che a quello maschile e questo dato potrebbe essere ricondotto al luogo comune che vede le donne meno portate per le materie scientifiche.
Roberta Penge, neuropsichiatra infantile alla Sapienza Università di Roma, spiega: “L’ansia è più marcata nel genere femminile a partire dall’adolescenza e lo studio in questione conferma questa differenza, associata a ragioni psicobiologiche e alimentata da questi stereotipi”. I test hanno poi fatto emergere che non sono solo gli studenti che non hanno voti alti in matematica provano ansia per questa materia, ma anche quelli “bravi”.
Amy Devine, una delle autrici della relazione, commenta: “Dato che questi bambini sono bravi nei compiti si rischia fortemente che la loro ansia da matematica passi inosservata a insegnanti e genitori, che potrebbero prestare attenzione soltanto alla performance scolastica e non ai fattori emozionali”. Questo può portare uno studente che ha voti alti in matematica a scartare le facoltà scientifiche all’università. Anche il giudizio altrui può far scattare la paura della matematica, specie negli adolescenti.
L’intervento degli insegnanti in questo è fondamentale. Denes Szucs, altro coautore del rapporto spiega: “Dovremmo affrontare subito il problema dell’ansia da matematica per permettere ai giovanissimi di smettere di provare ansia nell’apprendimento della matematica e fornire loro l’opportunità di fiorire”. Roberta Penge sottolinea anche il ruolo dell’emotività dei ragazzi: “Ad esempio quando le aspettative dell’allievo, della famiglia, dell’insegnante o del contesto sociale sono troppo elevate, lo studente può andare incontro a livelli alti di ansia e avere una riuscita minore”.
In questi casi basta un solo fallimento per farne arrivare altri, in un infinito circolo vizioso. La soluzione, secondo la Penge, è solo una: “L’ideale sarebbe quello di non caricare bambini e adolescenti di queste attese e non alimentare in maniera molto marcata la competizione, spesso infatti l’attenzione è incentrata soltanto sul risultato e sul voto. Bisognerebbe invece spostare l’interesse sul procedimento e sul metodo che si impiega per risolvere un problema più che sul valore finale”.