Sono ormai diverse settimane che si susseguono manifestazioni di malcontento all’interno delle scuole. Il 4 febbraio però succede qualcosa di particolare: il preside di un istituto scolastico di Pomigliano d’Arco ha impedito ai propri studenti di protestare. Una vera e propria censura? Ma facciamo chiarezza.
Il leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio si è recato al suo liceo scientifico per poter rivivere i propri ricordi e parlare con gli studenti. Proprio in occasione di questa visita, il preside ha proibito qualsiasi tipo di protesta.
La rappresentante degli studenti Maurizia di Buono ha scritto su Facebook: «Lunedì non saranno consentite contestazioni e nemmeno interventi, altrimenti ne pagheremo le conseguenze: ci abbassano i voti».
A confermare tutto ciò, ci ha pensato il preside: «Se nella scuola qualcuno si mette a fare cose strane, poi si prenderà una nota. La nota disciplinare può influire sulla condotta e con il cinque in condotta si viene rimandati in tutte le materie. Io non voglio che Luigi Di Maio venga maltrattato, perché è una risorsa preziosa per tutta Pomigliano. Quella di lunedì non è una manifestazione politica».
L’arrivo di Luigi Di Maio però non è stato del tutto pacifico: alcuni protestanti, tra cui ex lavoratori Fiat, hanno bloccato il traffico per alcuni minuti. Inoltre è stato accolto con alcuni cori al suo indirizzo appena varcato il cortile della scuola.
Nonostante ciò, l’emozione del Ministro era palpabile: «Oggi sono più emozionato che al giuramento dei ministri» ha dichiarato. Dunque prosegue: «Oggi premiamo eccellenze che vanno bene a scuola, meglio di me, ho visto le loro medie. Ma sono emozionato perché questa scuola ha avuto la capacità di insegnare le materie andando oltre la scuola, insegnandomi ad applicarle nella realtà».
Poi il Ministro incita i ragazzi, concludendo: «Fate sempre quello che vi piace e di non permettere a nessuno di dire che siete incapaci di affrontare le difficoltà. Una volta fuori avete bisogno di formazione continua, ci dobbiamo aggiornare continuamente, e questa non è una minaccia».