Esempio.
Dieci esercizi. Uno studente consegna un elaborato con i primi nove esercizi svolti bene ma nel decimo compie gravi errori di concetto e mostra uno svolgimento completamente diverso dai primi nove.
Il docente A usa una griglia di valutazione che prevede 1 punto per ogni esercizio corretto e 0 punti per l’esercizio sbagliato. Riempie la griglia e a fine correzione tira le somme e assegna il voto 9 allo studente.
Il docente B, di fronte a un esercizio così dissimile dagli altri, sospetta possibili azioni poco corrette; fa allo studente qualche domanda sui concetti, lo studente risponde correttamente. Inoltre il docente gli fa notare il pasticcio dell’esercizio finale e lo studente lo risolve all’impronta nel modo corretto. Il docente B assegna il voto 9 allo studente.
Lo stesso docente B però, se lo studente avesse risposto in modo diverso, ad esempio mostrando di non saper ripetere i calcoli corretti dei primi nove esercizi, che pure nel compito consegnato sono svolti in modo esemplare, o di non capire la differenza di svolgimento tra l’ultimo esercizio ed i precedenti, lo stesso docente B non avrebbe seguito nessuna griglia ma avrebbe assegnato un voto insufficiente allo studente.
Ma come? Di fronte a nove esercizi svolti perfettamente? Esatto; il docente B avrebbe valutato l’intero elaborato come insufficiente anche di fronte a nove esercizi perfetti su dieci.
Quale dei due ha scelto per il meglio?
Nonostante l’esempio sia volutamente un caso estremo, la risposta chiaramente non può essere univoca. E nonostante spesso si senta gente riempirsi la bocca di parole come valutazione oggettiva, l’unica cosa oggettiva è il fatto che nella valutazione non possono non rientrare diversi parametri soggettivi, dai più minuti (la grafia con cui è scritto l’elaborato) ai più grandi (il percorso di studi dell’alunno). Del resto nessuno obietta se un docente valuta sufficiente un compito che sufficiente non è come incoraggiamento. Allo stesso modo non dovrebbe essere obiettabile una valutazione di scoraggiamento ad uno studente che consegna un elaborato magari buono ma copiato oppure svolto con una delle tante applicazioni disponibili.
Quale maestro è migliore? Quello che insegna meglio, non quello che valuta meglio.
Nel noto film Kung Fu Panda al protagonista Po viene chiesto di non mangiare fino a quando non fosse arrivato a padroneggiare le tecniche. Il Panda, ansimando, dice al Maestro Shifu: “mi vuole torturare!”. Ed il Maestro risponde “voglio insegnarti il kung fu”.
Ecco.
Vuole torturare lo studente quell’insegnante che assegna un compito e chiede all’alunno di svolgerlo al meglio delle proprie capacità senza bluff dovuti a copiature/trucchi/inganni di qualsiasi tipo?
No, vuole insegnare qualcosa. E per farlo ha bisogno di verificare i progressi dello studente, le sue lacune e i suoi punti di forza, per poi rivolgere il proprio insegnamento verso il colmare quelle lacune e valorizzare i punti di forza. Non trattandosi di kung fu, l’insegnante ha bisogno di far allenare lo studente su qualcosa di diverso (che siano esercizi o questionari o elaborati o altro).
Lo studente che cerca di ottenere un voto sufficiente mirando solo al voto e non alla comprensione mi fa immaginare il Maestro che dà un voto 6 di incoraggiamento (o di compassione) a Po anche in assenza di una sua reale preparazione. Cosa può seguirne? Che il Panda poi in combattimento perderà miseramente, perché si è diplomato senza merito.
E’ un esempio non attinente?
Può darsi. A me però sembra estremamente attinente.
— Riccardo Caneba, insegnante