Per molti può sembrare pura retorica, esercizio stilistico o una manifesta e artificiosa sottigliezza senza importanza, ma le cose non stanno così: la differenza di valore e di importanza tra conoscenza e competenza è un tema attuale e merita di essere approfondito.
Nel mondo della scuola sembra che le conoscenze non servano più. Qualcosa di obsoleto, possiamo metterle in cantina. La didattica si concentra sulle competenze, trascurando il fatto che queste ultime presuppongano necessariamente alcune conoscenze.
“Competenza” è diventata una parola chiave all’interno dell’universo scolastico, o forse la chiave di volta, perché è attorno a questo che sembra girare il nuovo modo di fare didattica, di insegnare.
Insegnare le competenze significa privilegiare il contatto diretto, oggettivo con la realtà tangibile, quindi sviluppare nell’alunno un senso pratico che si estende a tutto ciò che lo circonda: informazione, società, infine conoscenza. La conoscenza diventa così soltanto il mezzo per acquisire le abilità utili alla competenza, non più un fine, uno strumento da tenere sempre in tasca.
Forse ci stiamo dimenticando che la competenza non è altro che un insieme di conoscenze, il risultato di una somma di apprendimenti, ovvero il sapere.
La conoscenza può prescindere la competenza, ma non viceversa: senza conoscenza, non può esserci competenza. Ecco perché sono entrambe e parimenti importanti, anzi complementari.
Quello che oggi viene chiamato “compito di realtà” non può escludere la conoscenza o ridurne il valore in nome di un’aderenza pratica al mondo circostante (concetto per altro discutibile), perché lo studente non deve soltanto saper fare, ma anzitutto sapere.
Competenze o conoscenze, dunque? Entrambe, per forza.