Sono un docente di Matematica e Fisica, o, meglio, mi definisco anche un insegnante (che non sono sinonimi).
Riflettevo in questi giorni su quanto si sta dicendo, stra-dicendo, divulgando riguardo agli atti di bullismo che si stanno verificando sull’asse alunno-docente.
Voi credete che la colpa sia dei ragazzi? Ma secondo voi i ragazzi nascono bulli perché lo hanno nel DNA, o lo diventano perché la vita riserva loro una chiusura sociale ed economica che non riescono a scavalcare?
Io ho insegnato e insegno in tutti gli indirizzi, liceo, professionale, tecnico, e, sinceramente, quando i ragazzi entrano in una scuola superiore vengono etichettati. Da chi? Da noi docenti! “Io non vorrei mai avere una prima professionale!” “Quella è una classe di animali!”.
Ma sappiamo queste affermazioni che risvolti hanno tra loro? Sono delle frasi che spingono i ragazzi ad entrare volentieri in una classe? Vengono considerati come studenti o come numeri da openday che, una volta messi in “saccoccia”, tornano inutili?
Io non riesco a prendermela con un ragazzo perché è ancora in fase di crescita, di sensibilizzazione, di apprendimento, di maturazione. E nelle classi c’è sempre stato il “bravo” e il “meno bravo”, solo che, a differenza di quanto accaduto nella mia classe quando frequentavo le superiori, le mie attenzioni sono rivolte maggiormente ai più deboli, perché i bravi vanno avanti soli, ricevono complimenti e premi, mentre gli altri? Sappiamo in quale contesto economico-sociale vivono? Sappiamo le famiglie come sono messe? Conosciamo la loro storia? Vogliamo interessarci a qualcosa di più che alla solita ora di lezione?
Non abbiamo capito che insegnare non vuol dire sbrigare le faccende “burocratiche”, ma vuol dire essere riferimento professionale, didattico, umano, perché spesso cercano aiuto e trasmettono segnali nel loro linguaggio, che può essere anche una parolaccia, un telefono scaraventato per rabbia.
Cosa c’è stato dietro quel gesto? E io mi accorgo del loro cambiamento quando li porto fuori, quando mi concedo una partita a calcetto, quando li lascio liberi di esprimersi perché in classe sono braccati dalle regole, ma fuori sono liberi. Nello spogliatoio partono le confidenze, in una uscita scolastica si raccontano.
E così ho salvato un ragazzo che entrava “fumato” in una scuola: perché fumava? Non lo sapeva. Gli ho offerto la colazione, abbiamo fatto un patto da “uomo” a “uomo”, stringendoci la mano. Ora non fuma più, mi saluta col sorriso, con gli occhi solari.
Noi docenti, prima di attaccare, ci poniamo delle domande? Vogliamo essere solo dipendenti pubblici o educatori? Abbiamo una missione di crescita, credo la più importante e la più delicata. Se non siamo portati, tentiamo altri concorsi perché spesso siamo noi che roviniamo il pensiero dei ragazzi.
E ve lo dice un docente che viene spesso messo in cattiva luce perché gioco a calcio con loro, perché esco con loro, perché passo le serate con loro, perché li sensibilizzo alla donazione del sangue. Vengo messo in cattiva luce dai miei stessi colleghi: cosa matura nella mente dei ragazzi quando vedono e sentono queste cose?
— Ivano De Luca, insegnante
Un ragazzo “fumato” viene guarito con un cappuccino e una stretta di mano. Bello. Chissà perché nessuno ci ha mai pensato prima.
… magari viene accompagnato nella vita da qualcuno che lo guarda negli occhi…
chissà perché ci si pensa così poco.
I bravi vanno avanti da soli? Molte volte sono bullizzati, chiamati con disprezzo “secchioni” ….e succede che a una domanda posta dall’insegnante alla classe tutta….pur conoscendo la risposta se ne stanno zitti, per non essere esclusi ….non fanno viaggi d’istruzione perchè spesso non c’è un docente accompagnatore…devono far lezioni in aule malridotte dai “compagni “…son costretti a seguire una programnazione ridotta , con continui noiosi ritorni sui contenuti per colpa di questi “compagni”. E si badi bene che questi studenti modelli non sono spesso figli di papa’ ma di famiglie con mille problemi…di ogni tipologia..che dalla scuola devono aver il massimo perchè magari dovranno lavorare per pagarsi l’Universita’ e non potranno migliorare la loro preparazione andando all’estero a frequentare costosi master..
Una quantità di luoghi comuni che fa rabbrividire.
… magari viene accompagnato nella vita da qualcuno che lo guarda negli occhi…
chissà perché ci si pensa così poco.
Penso che un docente così sarebbe da ringraziare non ho mai sentito parole che condivido in pieno ti dico grazie di esistere ma sei una mosca bianca lotta per quello in cui credi non ti omologare resta fuori dal coro fra tutto quello che hai detto hai tuoi colleghi hai consigliato di cambiare indirizzo parole sante rovinano tanti ragazzi bravo
Credo che bisognerebbe creare, come succede in altri paesi, occasioni di incontro fuori dal contesto scolastico , che non siano le solite gite, a volte costose per molti. Queste occasioni dovrebbero coinvolgere docenti e studenti ma anche solo docenti. Le uscite di un singolo docente con uno studente o una studentessa o un gruppo di studenti le disapprovo, per tanti motivi. L’occasione di dialogo può nascere anche a scuola, durante l’intervallo o in ore predisposte al colloquio con studenti che abbiano voglia di parlare con un docente o su invito del docente stesso per fare una “chiacchierata”, liberamente. A scuola dovrebbero esserci laboratori di “altro”, tipo cucina, falegnameria, fotografia…..tutto questo aiuta i ragazzi ad aprirsi e ad amare la scuola che in questo modo diventa un luogo accogliente e stimolante. Cambiare la disposizione dei banchi, muoversi nello spazio “classe”….ed altre strategie aiuterebbero questi studenti definiti “animali” a raccontarsi e ad indicare il modo per essere aiutati. I bravi non devono essere emarginati ma coinvolti nei tentativi di integrazione dei meno brillanti in un’atmosfera di solidarietà e cooperazione.