Il 27 ottobre 2017 la Ministra Valeria Fedeli ha presentato al mondo della scuola e alla società civile il Piano nazionale “per promuovere nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione al rispetto, per contrastare ogni forma di violenza e discriminazione e favorire il superamento di pregiudizi e disuguaglianze, secondo i principi espressi dall’articolo 3 della Costituzione italiana”. Questo, secondo la Ministra, si è reso necessario per affrontare il tema attuale per quel che riguarda le pari opportunità. Tale tema è possibile affrontarlo con un corretto uso del genere grammaticale, dando quindi importanza ai termini maschili e femminili nei testi amministrativi del MIUR.
Questo quindi risulta essere un modo concreto non solo per rafforzare l’uguaglianza, ma anche per favorire le differenze nell’ambito del sistema dell’istruzione.
Nonostante ciò però nella società odierna è ancora molto forte la riluttanza nell’usare termini femminili (tutti regolari) in riferimento alle donne che svolgono un’occupazione un tempo preclusa loro. Termini come: chirurga, avvocata, sindaca, ministra, la presidente, sono tutti termini perfettamente regolari ma che incontrano alcune difficoltà nel concretizzarsi nel linguaggio di tutti i giorni.
Si è deciso di passare per il linguaggio per abbattere queste differenze perché è proprio attraverso il linguaggio che gli umani esprimono la realtà in cui si vive. Con un corretto uso linguistico si attribuisce la giusta rappresentazione e si consolida la realtà. Si può quindi stabilire che, attraverso il linguaggio, si possono accettare gli stereotipi ma anche smentirli. Se non verranno utilizzati termini femminili per indicare una donna che svolge una mansione un tempo prettamente maschile, sarà difficile rafforzare il concetto che una donna abbia le stesse opportunità e possibilità degli uomini.
Ma non solo un cambio del registro linguistico è importante per rafforzare il concetto di pari opportunità, questo è un cambiamento culturale utile che serve per diminuire i pregiudizi e, conseguenzialmente, è un passo per prevenire la violenza di genere.
Da qui che ha inizio la necessità di revisionare i testi dell’amministrazione pubblica, in modo tale che questi rendano nota anche la presenza delle donne in modo tale da non risultare discriminante. Lo scopo però è anche quello di mantenere la giusta chiarezza e leggibilità richiesta, è quindi necessaria un’operazione di riscrittura che non risulti meccanicistica ma che tenga conto della situazione comunicativa contestuale. Per questa revisione è quindi necessaria una grande competenza linguistica in più campi (lessicale, morfologico, sintattico, testuale). Risulta quindi necessario che, per coloro che si occuperanno di tali revisioni, ci sia un adeguato corso di formazione composto sia da una parte teorica e sia una parte che comprenda i laboratori sui testi.
Quando si parla di testi amministrativi, molto spesso ci si imbatte nelle classiche caratteristiche dei testi burocratici che sono composti da frasi ridondanti e sintatticamente pesanti. Inoltre spesso viene usato un lessico arcaico e viene privilegiato il genere grammaticale maschile; in questo caso quindi si rende preferibile, o addirittura consigliabile, riformulare l’intero testo o una parte di esso, per renderlo più leggero sul piano lessicale e permettendo di conseguenza un corretto utilizzo del genere femminile al suo interno.
Qui viene presentata una lista di termini maschili attualmente utilizzati e la loro versione al femminile che ancora non è ben radicata nel linguaggio comune.