Vi siete mai chiesti cosa renda un insegnante migliore di un altro? Nei giorni scorsi mi è successa una cosa che mi ha fatto riflettere.
A Torino Piero Angela è stato ospite di una conferenza sul cervello umano. Per lui sono arrivati talmente tanti studenti che l’aula magna non poteva accoglierli tutti e così hanno persino sfondato la porta per poter assistere alla conferenza.
Pensateci: quei ragazzi studiano già parecchio e hanno sessant’anni in meno di Piero Angela, eppure hanno fatto quasi a botte per ascoltare un signore che non si è mai laureato né ha mai fatto l’insegnante.
Quasi nessun professore o ricercatore raccoglierebbe un pubblico del genere. Professori anche più preparati di Angela e che per mestiere devono trasmettere conoscenze ai ragazzi. Certo, la popolarità mediatica influisce, ma non è solo quello.
Si potrebbe anche pensare che sia un cattivo segnale se i nostri ragazzi preferiscono un approccio più amichevole a studi più approfonditi che troverebbero in qualche libro, ma credo invece che questa storia contenga un messaggio per chi insegna: la preparazione è importante, ma non è tutto.
Saper comunicare nel modo giusto è la chiave. Spesso si ha a che fare con studenti demotivati o che non prestano attenzione, e sembra un’impresa impossibile far cambiare loro atteggiamento. In quei momenti bisogna pensarsi un po’ come dei divulgatori. A guardar bene, cos’altro può essere un insegnante? Attenzione: essere divulgatori non vuol dire banalizzare, vuol dire cambiare approccio, passare da vie laterali, parlare di un argomento partendo da concetti comuni, usare paradossi, concedersi qualche divagazione.
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Si può parlare di storia del ‘900 mostrando e commentando le 100 foto che hanno cambiato il mondo, oppure si può parlare di matematica spiegando che ci sono somme infinite di infiniti numeri positivi che neanche arrivano a 1 come risultato (non ci credete? Visto? Adesso ascoltereste volentieri una mia lezioncina di matematica!) O ancora, spezzoni di film possono portarci dentro atmosfere di romanzi e piccoli esperimenti di fisica sono facilmente replicabili in classe.
Gli strumenti tecnologici ci vengono in aiuto: mappe, grafici e video sono un ottimo strumento per integrare le proprie lezioni e renderle più dinamiche e a misura di studente (anche dei più svogliati).
Se siete tra quelli che si sentono offesi dalla storia e dalla letterature raccontate da Benigni o dalla scienza divulgata da Angela, forse è perché vi sentite più preparati di loro, e magari avete ragione. Però, cari insegnanti, lasciatevelo dire da uno studente che sarebbe potuto essere tra i mille dell’aula magna di Torino: non guardate loro con disprezzo, ma piuttosto come uno stimolo.
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Sono la dimostrazione che la passione e il linguaggio giusto possono trasmettere l’amore per una materia, oltre che il sapere specifico. È un tesoro molto più grande per ogni studente ed il motivo per cui più facilmente si ricorderanno di voi.
Mi sono trovata a leggere questo articolo per caso, non sono un’insegnante né intendo diventarlo, ma sono una studentessa e non posso che essere pienamente d’accordo con quanto ho letto. Frequento il primo anno della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici, quindi ormai ho quasi completato il mio percorso di studi, ma non posso dimenticare che la passione per l’archeologia è nata in me da bambina (facevo le elementari) anche grazie agli splendidi programmi di Piero Angela. Pure nel mio campo sono molte le persone, anche giovani come me, che guardano alla divulgazione come a un aspetto degradato e banalizzante della trasmissione della cultura. Non è così, perché contano l’accuratezza, lo stile e il contenuto del lavoro presentato. Non tutti i divulgatori sono sullo stesso livello ovviamente, ma come c’è scritto nell’articolo non è detto che i docenti, solo in virtù del loro titolo di studio, siano necessariamente più bravi di loro. Tra il conoscere delle nozioni e il saperle trasmettere in maniera chiara e soprattutto appassionante a degli studenti ce ne passa. Ho avuto delle piccole esperienze in fatto di divulgazione e ho sempre cercato di essere rigorosa senza però trincerarmi dietro il linguaggio specialistico che può essere oscuro a chi non lo conosce. La stessa cosa vale per la scuola, immagino. I migliori insegnanti che ho avuto erano persone che spiegavano le cose in maniera chiara e facendo trasparire l’amore per il loro lavoro e per la loro materia. Non posso biasimare i ragazzi che sono andati in massa ad ascoltare Angela, anzi se avessi potuto sarei stata tra loro, perché ammiro incondizionatamente il lavoro suo e del figlio, che realizzano programmi di alta qualità.
I documentari storici di Piero Angela sono una parte irrinunciabile delle mie lezioni.
Tutto vero. Personalmente sono stata testimone partecipe di un episodio analogo verificatosi a Napoli 4 mesi fa per una conferenza tenuta da Alberto Angela ai musei universitari. Tema la storia della basilica di San Pietro. Fila di oltre 2 ore sotto una pioggia incalzante. Sembrava quella di un concerto della popstar del momento per l’età media di coloro che ambivano ad accaparrarsi i posti disponibili. Si è dovuto allestire un’altra sala col videoproiettore. Io ero lì con i miei bambini di 9 e 7 anni che si sono seduti a terra insieme ai tanti studenti universitari ed hanno seguito la conferenza per circa 2 ore. Una magia riuscire ad arrivare a tutti. Non importa quanto sia realmente arrivato ma cosa. Quel che sicuramente è arrivato indistintamente a tutti è l’amore per il sapere.
Avesse fatto l’insegnante, come i comuni docenti, non avrebbe avuto la stessa considerazione.
Non guardo certo con disprezzo a Angela (che è un eccellente divulgatore scientifico), ma certo avrei due sconsolate osservazioni da fare sul titolo e sul tenore di questo pezzo.
Misurare la qualità dell’insegnamento dalla popolarità del docente è quasi sempre una mezza fesseria, basterebbe riflettere sul fatto che fra Hegel e Schopenhauer il secondo vedeva i suoi studenti scappare dalla sua aula per ascoltare il primo. Poi, però, da Nietzsche in poi, è stato Schopenhauer a cogliere i problemi e le questioni più urgenti e significative per i secoli a venire, mentre l’idealismo hegeliano ha praticamente fatto il suo tempo e oggi non è certo fra le correnti più feconde di stimoli. Non è il numero dei discepoli, ma la loro qualità che conta e la capacità di cogliere il vero anche a dispetto del piacevole, o anche proclamando tristi verità, piuttosto che concetti “alla moda”.
Inoltre Angela è avvantaggiato dal fatto che dopo i suoi interventi non deve “mettere alla prova” il suo pubblico. Non deve valutarlo. Mi pare ovvio dove quindi cada la simpatia dei più.
Giarelli, immagini di fare una gara di popolarità fra due ristoranti che servono entrambi ottimo cibo, con queste differenze: nel primo si mangia gratis cibo preparato da un cuoco celebre con svariati passaggi in TV e sui media; nel secondo si pagano conti da centinaia di euro a posto (come in un qualsiasi ristorante “stellato”) da un cuoco altrettanto – se non più – bravo; ma sconosciuto. Quale ristorante vincerebbe una gara di popolarità, secondo lei? Quello del cuoco famoso che regala cene, o quello del cuoco sconosciuto che si fa pagare? Ha afferrato il concetto?
È molto comodo farsi piacere una lezione che non si è obbligati a studiare o di cui non ci sarà mai chiesto conto. Per la quale non si “paga” un prezzo in fatica e rischio di fallire. Purtroppo, dietro al miele della conoscenza, arrivano le api della verifica di quanto appreso. Angela ha solo il miele. Vince facile, paragonati ai prof di scuola, ma per che merito?
Ci aggiunga poi che Non guardo certo con disprezzo a Angela (che è un eccellente divulgatore scientifico), ma certo avrei due sconsolate osservazioni da fare sul titolo e sul tenore di questo pezzo.
Misurare la qualità dell’insegnamento dalla popolarità del docente è quasi sempre una mezza fesseria, basterebbe riflettere sul fatto che fra Hegel e Schopenhauer il secondo vedeva i suoi studenti scappare dalla sua aula per ascoltare il primo. Poi però, da Nietzsche in poi, è stato Schopenhauer a cogliere i problemi e le questioni più urgenti e significative per i secoli a venire, mentre l’idealismo ha praticamente fatto il suo tempo e oggi non è certo fra le correnti più feconde di stimoli. Non è il numero dei discepoli, ma la loro qualità che conta. Aggiungerei che certo Angela è avvantaggiato dal fatto che dopo i suoi interventi non deve “mettere alla prova” il suo pubblico. Non deve valutarlo. Mi pare ovvio dove quindi cada la simpatia dei più. Giarelli, immagini di fare una gara di popolarità fra due ristoranti che servono entrambi ottimo cibo, con questa differenza: nel primo si mangia gratis; nel secondo si pagano conti da centinaia di euro a posto (come in un qualsiasi ristorante “stellato”). Quale vincerebbe una gara di popolarità, secondo lei? Ha afferrato? È molto comodo farsi piacere una lezione che non si è obbligati a studiare o di cui non ci sarà mai chiesto conto. Purtroppo, dietro al miele della conoscenza, arrivano le api della verifica di quanto appreso. Angela ha solo il miele. Vince facile, paragonato ai prof di scuola, ma per che merito? Questo apprezzando come lei le virtù di un insegnamento “atipico” e “creativo”. Di cui mi ritengo fautore.
La prima regola del pensar bene è che un paragone ha senso se si confrontano realtà omogenee, non pere con banane. A meno di non ridurre tutto alla logica dei “like” o dell’interesse prevalente. Per concludere, vada su Wikipedia ITA e veda se la pagina di Lady Gaga è più articolata, ampia, ricca e quindi “importante” di quella di Marie Curie. Giusto per capire dove si va a finire col suo metodo “più popolare = migliore”. Ci rifletta, e cerchi di scrivere articoli più seri.