Il dibattito è aperto da sempre: contare con le dita va bene o è sbagliato? Prima le maestre ci sgridavano se, per fare un calcolo, ci aiutavamo contando con le dita. Poi sono arrivate le calcolatrici e abbiamo smesso di usare le dita. Oggi la tecnologia ci facilita il compito, ma il mantra rimane sempre lo stesso: meglio fare i calcoli a mente, per tenere allenato il cervello.
L’ultima notizia in merito invece riguarda uno studio condotto da Brian Butterworth, professore dell’Università di neuropsicologia cognitiva di Londra: contare e aiutarsi nei calcoli utilizzando le dita della mano è, al contrario di quanto si pensi, molto importante, perché aiuta il cervello nella rappresentazione dei numeri. È così infatti che sviluppiamo maggiormente le fondamenta matematiche sulle quali costruiremo il nostro percorso scolastico.
Nel nostro cervello, infatti, resterà impressa la rappresentazione della mano, e anche a livello inconscio potremo sfruttare questa immagine ogni volta che dovremo eseguire un calcolo. È un processo che assimiliamo fin da bambini, senza neanche accorgercene, ma che ci portiamo avanti per tutta la vita e che migliora le nostre abilità di calcolo.
Tutto questo si inserisce in un rinnovato modello di insegnamento sviluppato grazie alla pedagogia, nel quale lo studente assume centralità e si tende a valorizzare l’individualità dell’alunno, soprattutto dei bambini.
Care maestre, se il vostro piccolo studente conta con le dita, significa che il suo cervello ha bisogno di farlo.